martedì 28 agosto 2007

Primavera dopo l'Estate. Capitolo 1: Road to Oz. Tramonti e Morgane.





Giornata piatta, qui nel Bucodiculo. Il sole batte forte, il condizionatore fa il suo lavoro, io faccio il mio –che, nella fattispecie, consiste nel mantenere una rotta grossomodo costante, senza farsi sbattere troppo da questo mare apparentemente calmo, e così insidioso a vederlo da vicino. L’acqua è scura, in alcuni punti così torbida da non lasciare vedere cosa c’è di sotto. Tant’è, oggi non ho molta voglia di stare troppo a guardarlo.



Mi affaccio al balcone dell’Hotel e mi perdo in uno dei tanti tramonti senza importanza che colorano il Bucodiculo, come un’illusione con sottofondo di pernacchie. Altra gente si affaccia a quest’ora. Tutti guardano dritto davanti a loro, ignorando tutto il resto. Si intuisce subito che stanno viaggiando con gli occhi, almeno per quei 5 minuti di sospensione. Non si guardano indietro, neanche per sbaglio. Protendono invece il corpo in avanti, in modo falsamente pigro e che a volte tradisce la voglia di saltare giù e cominciare a correre in mezzo a sirene urlanti e cani che abbaiano.



Le loro menti si riempiono di qualcosa che solo questo tramonto di seconda mano permette di fare uscire in tutta la sua potenza. È l’ora più triste, più definitiva. Tutto è ormai stato fatto. Quello che rimane è una lenta deriva di forze e pensieri. Quello che serve è qualche ormeggio, anche improvvisato. Quasi tutti ne hanno uno, che si tengono ben stretto. Un’opportunità un sogno un desiderio una donna una casa una fuga un ritorno, tutto ciò che serve a restare a galla anche quando il sole va a strozzarsi nella profondità del mare. Perfino gli uomini più duri hanno paura del buio, e cercano qualcosa per affrontarlo.

Io penso al mio viaggio e alla mia Morgana australiana che in questo momento sta dormendo, il suo viso così dolce nel sonno che si riflette sull’intera facciata dell’Hotel e dà un senso a questo tramonto, e al buio che verrà subito dopo. Sento il suo profumo che mi arriva dall’altra parte dell’oceano, da così lontano che non sembra nemmeno far parte di un mondo reale, e mi lascio cullare così, affacciato, io e tutti gli altri, qui al Morgana, un desiderio di sigaretta e un leggero sorriso mentre il sole va giù e le valigie se ne restano lì in un angolo tra polverosi ultimi raggi di sole, ancora vuote, ma non per molto.


Marco

lunedì 27 agosto 2007

Primavera dopo l'Estate. Capitolo 1: Road to Oz. Meno 13...


Mi verso un caffè, mi siedo, comincio. Cerco di pensare alla parole “Australia”. Niente. Troppo vasto. Provo con “Sydney”, nel tentativo di restringere il campo. Stesso risultato. So che non c’entra il sonno mancato, e neanche il caldo. Sono a meno 13, e solo nel breve calcolo dei giorni capisco, ma appena per qualche istante, che tra un po’ si parte.

Il punto è che in questo momento mi trovo a Orto Liuzzo, ameno bucodiculo in provincia di Messina, in Sicilia. Il punto è che Orto Liuzzo somiglia ad alcune delle stanze più piccole e lugubri e polverose di questo Hotel –una di quelle stanze in cui c’hai passato tanto tempo, forse troppo, e che adesso non vedi l’ora di abbandonare. Il fatto di girarti e di vedere in ogni angolo qualcosa che ti porta alla mente un ricordo più o meno lontano ti fa solo venire ancora più voglia di girare quella maniglia e scappare il più lontano possibile.


E così ci sono accanto il Bucodiculo e tutte le sue storie sentite e risentite, e l’Australia, alla quale ho sempre pensato come luogo di sano oblio, di volontaria piacevole amnesia, un posto senza passato e senza memoria. Il luogo ideale dove chiunque può cominciare e ricominciare, senza troppe scadenze.

Il 10 settembre sarà la mia prima notte australiana. La gente, fuori e dentro l’Hotel, mi chiede cosa ne penso. Come mi sento. Sono contento? Sono nervoso?
Io scrollo le spalle, bofonchio qualcosa, gioco con un luogo comune, indico qualcosa d’inesistente alle spalle dell’interlocutore e vado via. Non so cosa rispondere. L’unica cosa che mi viene in mente è –Bucodiculo- ma non capirebbero. Non capisco neanch’io fino in fondo. Quando pensavi di essere condannato all’ergastolo ci metti un po’ poi a realizzare che invece la porta è aperta, e che sei stato tu ad aprirla. Troppa libertà tutta insieme può far male se come me, come tutti, sei disabituato. Troppe scelte, nessuna scelta: forse sì, forse no.


Forse, semplicemente, la felicità è roba da maneggiare con cura. Non si può sperare di cambiare la propria vita in un luogo dove sono ancora conservate tutte le pelli delle tue precedenti metamorfosi –ognuna sempre così maledettamente simile alle altre. Sono sempre stato dell’idea che bisogna far prima perdere le proprie tracce, sparire, morire se necessario, per poter davvero ricominciare a vivere –una vita totalmente diversa da tutto quello conosciuto fino ad allora.
Allora sì, sono nervoso, sì, sono molto curioso, sì, sono emozionato fino a cagarmi addosso, sì, non vedo l’ora. Sì, sono felice, cazzo.
Anche qui nel Bucodiculo.


Marco

Mauro PRIMO POST (English version)

The following translation just resembles the original version and it is meant to allow a larger number of people to share ideas and feelings (I hope you enjoy it as I did):…

as a blind date...

Yes… exactly a blind date…. Have you ever had one?
Being split between excitement and hopeless… picturing about her…hoping that “she” were like you want…you see “her” … then it is about affording “her” or just not… the border is never clear….

Well I don’t know if you agree… for sure I have seen many hotel rooms…
believe me if I tell you that those are like women… at least for me…Each of them have an own way to welcome, to show…each of them have its own characters….

some of them from the first moment don’t hide anything….

Some others you discover them slowly (without policy refund… they don’t ever refund you…even in hotels..)

I have seen hotel rooms… some of those speak about home and this reminds about yourself …generally those are the most boring, those choke you …then turning on the TV allows you to forget about that….

Then there is the one… the one that makes you drunk and brings you to jump on the bed as a six years old kid… but speaking about that it is not like me…

I remember the light of some of those, places hanged on the time, being there was like losing yourself… disappearing for a moment and not being anymore… those are my favourites…

I'm speaking about hotel rooms obviously… women don’t light, they are not stars… are they?

But what were we talking about?!

Mauro

domenica 26 agosto 2007

Mauro PRIMO POST

ROME, 26 AUGUST 2007

…è come un appuntamento al buio.

Si … proprio un appuntamento al buio … a voi è mai capitato?

Quel dividersi tra eccitazione e compiaciuta rassegnazione… Il fantasticare su di Lei…. Sperare che sia come vorresti…

Poi c’è il momento i cui la vedi… e allora forse è un poterselo permettere oppure no… il confine non è mai chiaro…

Beh, non so se siete d’accordo con me … ma io ne ho viste tante di stanze… credetemi se dico che sono proprio come le donne… almeno per me…

Ognuna di loro un modo diverso di accogliere , di mostrare… ognuna con il suo carattere… alcune dal primo momento, nel bene e nel male, non hanno niente da nascondere .

Altre invece le scopri piano (senza il soddisfatti e rimborsati … non ti rimborsano mai… neanche negli hotel…)

Ne ho viste di stanze…. Alcune ti parlano di casa ricordandoti chi sei e, in genere, sono proprio quelle che ti annoiano di più, soffocandoti tra luoghi comuni e tu che accendi la televisione per non pensarci più…

Poi c’è sempre quella “come non ne avevi mai viste” quella che ti ubriaca di se e ti spinge a saltare sul letto come un bambino e i suoi sei anni… ma parlare di quelle non fa per me…

Ricordo la luce di alcune, quelli erano luoghi sospesi nel tempo, trovarsi li era come perdersi… sparire per un momento e non esistere più…. Quelle sono le mie preferite… parlo delle stanze ovviamente… le donne non hanno luce , non sono mica stelle… o forse si?

Ma di cosa si parlava?

Mauro

Benvenuti all'Hotel Morgana





Iniziare un viaggio non è mai semplice. Ci sono sempre valigie da preparare, voli da prenotare, spazzatura da buttare, persone da salutare. Bisogna essere puntuali all’appuntamento, ed essere pronti a tutto. C’è entusiasmo, curiosità, ma anche incertezza. Confusione. Si lascia qualcosa per qualcos’altro, senza sapere bene cosa succederà. In questo, partire è un po’ come nascere, anche se il famoso detto recita diversamente. Si muore e si viene al mondo, al prezzo d’un biglietto di sola andata.


Una volta arrivati sul posto, subentra il caos. Posto nuovo, gente nuova. Un’altra lingua, forse, o la stessa usata in maniera diversa. Troppe alternative, troppe strade da percorrere, troppi itinerari da seguire. Le mappe non bastano, l’acqua nemmeno, e sicuro come la morte, hai lasciato a casa quelle pochissime cose che davvero potevano servirti.
L’Hotel Morgana è pieno di gente così, persone indecise se scappare o rimanere, se piangere o riderci sopra, se nascondersi o darsi davvero da fare.


L’Hotel è tutto quello che c’è prima, è un’attesa ma anche, a sua volta, un viaggio nel viaggio. Alcune stanze sono vuote, altre sono piene da una vita. C’è gente sballata, qualcuno che s’è perso, altri semplicemente che aspettano nell’atrio coi loro bagagli. C’è quello che non sta mai zitto e quello che si fa i cazzi suoi, lo spirito libero e il noioso, il pazzo e la suora, l’impiegato e l’evaso, c’è gente che viene a scopare e altra che si fa un bicchiere al bar di sotto per dimenticare, c’è chi racconta una barzelletta dietro l’altra e chi non smette mai di fare il profondo. Al Morgana c’è posto. Non appartiene a nessuno perché è di tutti –di quelli che restano come di quelli che vanno via. può essere un posto dove riflettere incazzarsi sognare, o semplicemente (spesso) un’occasione per fare casino fino al giorno dopo.


Ognuno qui dentro ha la sua storia ancora da raccontare, che sia un aneddoto di viaggio, una battuta oscena o una ricetta. Lasciateci dire che non ce ne frega un cazzo. L’Hotel è anarchico per natura, libero per natura. Non ci sono direttori, qui. Potete suonare il campanello finchè volete, non spunterà mai fuori un tizio in giacca e cravatta che vi da del signore e vi spiega cosa fare. Qui siamo all’Hotel Morgana, e ognuno fa come gli pare.
Quindi proponete, scrivete, vomitate. Non lasciatevi spaventare. Non siamo filosofi, e non siamo solo dei cazzoni. I muri del Morgana sono pronti ad essere riempiti di tutto quello che avete dentro –lo sfogo, la poesia, il vaffanculo, tutto- e di stanze vuote ce n’è ancora un po’. Non importa da dove scrivete, o come, e forse nemmeno perché. Al Morgana si incontra gente di tutti i tipi. Non stupitevi se troverete qualcuno che parla un’altra lingua. Questo è un luogo di passaggio, un rifugio. Una casa-famiglia per pensieri alla deriva. Un momento per tirare il fiato. Un posto dove farsi due risate. Un puttanaio d’altri tempi. Questo è il posto che farete voi.
Quindi entrate e mettetevi comodi. Posate le valigie. Aprite la finestra. Date un’occhiata in giro. Fate come se fosse casa vostra.
Lungo il viaggio, come disse qualcuno, ci saranno ragazze, visioni, tutto.
Per il momento, benvenuti all’Hotel Morgana.