domenica 25 agosto 2013

CONTO ALLA ROVESCIA

Quando sono arrivata era tutto diverso, ero sola, qualcuno non mi piaceva, qualcuno un po’, avevo lasciato i miei amici e tutto quello che c’era a Sydney, ho iniziato a fare il conto alla rovescia. Perché volevo che passasse in fretta il tempo. Poi ho smesso, ho conosciuto, ho cambiato, l’equilibrio perso è stato ritrovato, come al solito, quando cambi contesto. Il contesto. Il contesto spesso è un grosso fardello, un amico, un nemico, una cosa da costruire, in cui adattarsi, in cui modellarsi, in cui starci bene. Perché è l’obiettivo ultimo di tutti star bene. Faticoso da costruire quando cambi spesso casa, quartiere, città, paese, continente. Eppure siamo qui noi, noi viaggiatori del mondo, viaggiatori della vita. Siamo immancabilmente differenti in un luogo diverso da quello in cui nasciamo, eppure sempre gli stessi. Con un abito diverso, una macchina diversa, a volte senza (come nel mio caso), con una borsa diversa (back pack????). A volte ci si sente decontestualizzati per un po’ e poi di nuovo contestualizzati. E questo ci mette sempre alla prova.
Avevo smesso di contare per un po’. Mi piaceva l’isola. Stavo. Vivevo. Ascoltavo. Come sempre d’altronde. Oggi conto di nuovo. Di nuovo alla rovescia ma in maniera contraria. Sembra che il tempo passi in fretta. Il tempo. A volte è questione di pochi attimi e la percezione delle cose cambia in maniera così drastica che vorresti fermarlo e tornare indietro oppure andare avanti.
Non manca così tanto se paragono i giorni in cui sono stata lontano da casa a quelli che rimangono qui. Mi chiedo cosa accadrà dopo e la paura è sempre mista ad entusiasmo e curiosità. Sono cambiate tante cose in così pochi giorni. Dove sarò? Con chi? Per fare cosa? Credo sia terminata la prima fase del mio viaggio. La mia più grande amica in Australia è venuta a salutarmi sull’isola per tornare a breve in Italia. Con lei una fase si chiude e nel frattempo se ne è aperta un’altra. Seguendo sempre i miei passi e le mie idee, progetto e…VIVO! Buona vita a tutti!
Venticinque Agosto Duemilatredici Ore Ventuno Emisfero australe Horseshoe Bay  
 

sabato 24 agosto 2013

Anime in stand-by (Hospital Blues)

In questo regno di
sonni a metà
parliamo una sola lingua
fatta di parole che
non conosciamo
nelle quali
crediamo
fino a sera

Abbiamo smesso, oltre quella
porta,
di essere persone
adesso siamo solo
anime in stand-by
in attesa in attesa in
attesa
che un estraneo ci dica
cosa succederà
di tutte le cose che
conosciamo

E quando ci parlano di
amore
chiediamo solo
cosa c’è per cena

Quello che resta dal
mondo di fuori
sono foto troppo colorate
erezioni improvvise
e sedie vuote

Anime in stand-by
col destino portato da
medici
col viso indifferente
come quello di dio

Luci al neon, pillole, carrelli che
passano
e poi è di nuovo
notte

Alla fine realizzi
che in questo regno
dove le lacrime hanno
ormai
perso senso
l’unica vera rivoluzione
è un sorriso

L’unica cosa che
ti può far arrivare al
mattino
insieme al pensiero
di quando sarai anche tu
di nuovo
dietro quella
porta.


Marco Zangari © 2013


martedì 20 agosto 2013

Parole in Pixel


E' troppo grande questa pagina bianca,
questa traccia finta di un mondo parallelo che c'è e che non c'è,
mi manca il rumore della penna che scorre sul foglio e l'odore della carta,
mi manca il contatto vero con le parole, come se quelle che vedi apparire sullo schermo non fossero davvero tue, come se qualcuno stesse scrivendo per te.
Non amo scrivere al computer, ho sempre l'impressione che mi rubi i pensieri.
Solo un diario può essere il tuo vero confidente.
Un diario è qui e ora, lo puoi toccare, nascondere in una scatola o dentro l'armadio, lo puoi rivestire con foto, renderlo uno specchio perfetto della tua anima.
Il computer è tremendamente impersonale, freddo e uguale a tanti altri, le parole perdono la loro carica, non riescono a rilevare il tremolio della mano, la rabbia o la tristezza.
Nonostante ciò eccomi qui, le frasi scivolano attraverso il mio corpo fino alla punta della dita sui tasti.
Vorrei scrivere di tutto quello che mi sta accadendo, della mia avventura in Australia, della malinconia che alle volte mi coglie, della gioia che mi riempie gli occhi quando mi rendo conto dell'incredibile esperienza che sto vivendo, della solitudine che mi accompagna come un cane fedele, del coraggio che mi spinge avanti.
Non lo farò, non per ora.
Devo convincermi che questo schermo è amico e non pensare a quanto siano volatili i documenti digitali.
Inoltre c'è un momento giusto per tutto, un momento in cui la mente si apre e riversa tutto fuori.
Bisogna regolare questo flusso e indirizzarlo verso uno scopo, se no si appare banali e ci si annega dentro.
Concludo con un dubbio che mi tormenta da tempo: a chi e a cosa servono tutte queste parole, questi fogli carichi di pensieri? la scrittura non perde il suo scopo se non è rivolta agli altri, se non serve a qualcosa e a qualcuno?

sabato 17 agosto 2013

Discorso con l'anima

La mia anima siede
al tavolo
a fine pomeriggio
con braccia conserte
il piede che dondola
nervosamente

La guardo da
dietro un bicchiere
-silenzio-
solo il rumore soffice
del tiro di una sigaretta
il rumore sordo di anni
che si schiantano contro il
muro
e nessuna curiosità di
controllare
se qualcuno è ancora vivo
tra le lamiere

Silenzio. Bicchiere.
Poi lei mi guarda
come a voler continuare
un discorso, sospira
-E poi non sai niente di me.
Mi chiami con un nome
non mio
mi invochi quando le tue
ferite vomitano fiamme
lingue di niente
nelle notti ghiacciate
-ma non sai chi sono
non sai cosa voglio
non conosci l’orrore
che mi porto dentro
le albe desolate, gli abbandoni
gli strazi di stupri a metà
di eserciti di pensieri che mi
hanno scavato rughe come trincee

Silenzio. Bicchiere.
La mia mano a cercare tra
la barba
l’ultima verità nascosta
l’ultimo biglietto vincente
-ma non trovo nulla

-Io so che per te sono tutto
(ricomincia lei)
ma non voglio che tu
parli di me con gli altri
-non capirebbero

Ci fissiamo un attimo
stupiti di essere ancora insieme
dopo liti e insulti a forma di coltello
stupiti di essere ancora vivi
dopo saccheggi e incendi
che hanno svuotato
le nostre infinite strade

Ne verso un altro
gocce che cadono sul tavolo
gocce nuove su gocce antiche
quelle future
la guardo e dico
-posso almeno
scriverne?

Lei non risponde
si alza e va nell’altra
stanza
ed io capisco
che resteremo
per sempre
insieme.


Marco Zangari © 2013

mercoledì 14 agosto 2013

SYDNEY VS MAGGIE

Una bella battaglia, forse non si possono neanche paragonare, però qualche idea me la sono fatta al riguardo. Sydney è piena di luci, suoni, anzi suoni e rumori, gente che arriva da tutte le parti del mondo, l’autobus che passa tutta la notte sempre pieno di gente in qualsiasi ora, una marea di locali con serate a tema e ogni tipo di genere musicale, come vuoi, quando vuoi, con il tipo di gente che vuoi; l’altro con luci più soffuse, più naturali, più selvagge, autobus che passano più o meno solamente di giorno, pochi party cool, zero palestre, insomma meno suoni, ma tanti rumori. Si, rumori. Se di giorno noi umani facciamo un po’ di confusione con qualche barchetta e qualche fuoristrada, la notte inizia il “loro” concerto…di chi precisamente non ve lo so spiegare, di sicuro sono uccelli. Poi dopo il concerto senti che si muove qualche albero e capisci che un opossum si sta sta arrampicando fra i rami o magari un rock wallaby si è ammucchiato mentre saltellava tra le rocce. Chissà se gli altri wallaby lo avranno preso in giro. Lui gli avrà risposto a tono o irritato avrà cambiato roccia? In tutti i casi, sono sicura che domani faranno pace. I primi giorni l’atmosfera notturna può sembrare davvero inquietante. Per quanto sono rumorosi questi animaletti, possono svegliarti nella notte. Ho detto svegliarti nella notte? Si. L’ho detto! In trent’anni non mi era mai successo!!! Sono una di quelle persone che non si svegliano neanche per far pipì! In molti invece lo fanno, almeno credo. Uno dei più semplici ma grandi vantaggi di Maggie è che se la batteria del cellulare sta per scaricarsi, non devi spegnere il cellulare o metterlo offline. Semplicemente passi a casa a metterlo in carica.

Ieri pensavo: qui non c’è quasi niente! Ma in un niente ci può essere tutto? Insomma, alla fine per vivere cosa ci serve di più di una spiaggia paradisiaca, un tramonto sul mare pazzesco, qualche amico con cui chiacchierare. I grattacieli, l’i-phone, i locali cool, la macchina cool, l’abito cool, la vita cool, ce li siamo costruiti noi. E molta gente è insoddisfatta di quello che ha intorno. Credo mi sia proprio uscito un pensiero profondo, modestia a parte, anche se probabilmente, tutta una vita qui, forse, mi annoierei un po’ anch’io. Insomma, anche qualche bene materiale può tornarci utile ogni tanto! Perché sputargli sopra!

Undici Agosto Duemilatredici, ore venti, stessa baia, stessa isola, stessi amici, nuovi bei pensieri.

martedì 6 agosto 2013

Superare Cristo


Stavo rileggendo il post che avevo scritto un anno fa per il mio compleanno (chi mi segue sa che ne scrivo sempre uno in quel periodo, se siete masochisti potete perfino andarveli a ripescare. Non chiedetemi perchè lo faccio, visto che odio i compleanni).
Mi suona molto strano adesso, specie la fine: “e a 33 non c’è altro da fare che puntare Cristo e superarlo col sole in faccia”.
Beh, credo che se lo superassi adesso, mi darebbe sicuramente un sorrisino del tipo, cazzi tuoi, non sai cosa ti aspetta. Del tipo, a chi pensi che sia andata meglio, qui?
E di superarlo, lo sto superando –se tengo per le prossime 6 ore, ma direi che si può fare. Il punto è come lo sto facendo. Un anno fa avevo il piede incollato all’acceleratore, il sole in faccia, una birra aperta e tutto da perdere.
Poi i 33 sono stati tostissimi, senza tregua. Aggiungergli un anno è qualcosa che addirittura sembrava non fosse più possibile, qualche mese fa, quando me la sono vista brutta.
Non ho smesso di vedermela brutta. Il destino ha deciso di sparigliare ancora una volta le carte, e quasi non so più nemmeno a quale gioco stiamo giocando –ma so qual’è la posta in palio, ed è maledettamente alta.

Quindi capirete che di compleanni, in questo momento, non me ne frega poi molto. Meno del solito, molto meno, anzi sembra quasi una presa in giro. Cosa ci sarà mai da festeggiare?
Forse niente, forse è un altro di quei modi in cui ci illudiamo che tutto vada bene anche se i muri stanno crollando. Invecchiare non piace a nessuno, e farlo con queste zero certezze, piace infinitamente di meno.
Ma allora, che cazzo farne di questo 7 agosto? Potrei far finta di niente, sorridere educatamente quando colleghi e amici mi faranno gli auguri, concentrarmi sulla visita medica di domani mattina (un regalo che mi sono concesso, in perfetta sintonia con questo 2013), tornare a casa, aprire una birra e pensare già al giorno dopo.
Però, come ho già scritto da qualche parte in questo blog, da queste date non si scappa. Ti vengono naturali bilanci, magoni e bestemmie.
Ma no, tranquilli, non farò nessuna di queste stronzate. Non è tempo di bilanci, per uno che sta ancora sospeso sull’abisso –e per magoni e bestemmie, c’è sempre tempo. Ma se proprio dobbiamo brindare, non facciamolo a questo 7 agosto. É un giorno del cazzo, e tra 24 ore non ne sentiremo più parlare. Passa veloce e se ne va, come tante altre cose e persone nella mia vita. No, adesso ho bisogno di certezze.
Brindiamo alla certezze, quindi –quelle due o tre che in questo momento fanno la differenza.
Alla certezza che dopo questo giorno ce ne sarà un altro, e un altro ancora, fino ad arrivare (mi auguro) a quei temuti 35 (cazzo che vecchio!). Alla certezza che anche quel giorno dei 35 scriverò un post palloso come questo.
Alla certezza di avere degli amici che sono una famiglia. Alla certezza di avere una famiglia che conta più di tutto.
Alla certezza, granitica, del mio compare.
Alla certezza che domani F e R mi accompagneranno dal medico ed in macchina faremo casino ed io sarò contento di essere con loro, che E starà ad aspettarmi e poi festeggeremo il suo ultimo giorno e lei si sforzerà di non piangere per i primi 2 minuti, che G mi chiederà come una mamma cosa voglio e come sto, che N mi darà un passaggio al lavoro ed in macchina sentiremo musica hip-hop e parleremo di tutte le stronzate che ci passano per la testa. Alla certezza della mia sorellina M che mi pensa dall’Elba, di R che prepara i suoi dolci buonissimi per me, di F che si preoccupa e mi chiama ogni sera anche se ha i cazzi suoi, di A che mi manda messaggi dallo zoo. E poi tutti gli amici che verranno venerdì e sabato a fare festa, per dimenticarci un po’ di questa guerra infinita.
E la certezza delle mie tante famiglia in Italia, della loro voce che non si spegne mai, dei loro nomi che sono sempre gli stessi. Siete voi, quello che mi porterà fino alla mezzanotte del 7 agosto e poi oltre, sempre oltre.
Alla certezza che tra un po’ farò una doccia, poi una buona cena e mi rilasserò. Cercherò di essere me stesso tra lo sfacelo, e da questo sfacelo farò nascere qualcosa di buono, come fiori in mezzo alle macerie.
Non ho molte certezze, ma per questo 7 agosto, bastano e avanzano.
E grazie ancora a tutti voi per non farmele mancare mai.
Adesso è ora di superare Cristo.


domenica 4 agosto 2013

TRAFFIC LIGHT

Ieri sera abbiamo festeggiato i 40 anni della nostra amica ungherese. Falò in spiaggia, musica anni ‘60, una marea di stelle e due shooting stars (stelle cadenti) portatrici di due desideri molto importanti per il mio 2013. Dopo il falò, siamo stati nell’unico locale affollato dell’isola di sabato sera: più o meno 30 persone che ballavano musica commerciale sui tavoli con qualche jug di birra e qualche rum and cola qua e là. Mentre parlavo con la mia amica australiana scopro una cosa fantastica: gli australiani chiamano Amber il colore arancione del semaforo. È una cosa bellissima! Finora, quando non capivano il mio nome, cioè sempre, dicevo: “Ambra, come la pietra, in inglese è Amber”. E tutti capivano. Ma questa cosa del semaforo non la sapevo. Mi ci ritrovo tantissimo, mi piace essere l’arancione del semaforo. Quando c’è l’arancione le persone hanno bisogno di prendere una decisione: se andare avanti spediti e oltrepassare l’incrocio oppure rallentare e fermarsi. Mi piace che le persone per conoscermi abbiano una possibilità di scelta: se venire rapidamente verso di me per conoscermi a fondo, prendere velocità, guardare a destra poi a sinistra e premere l’accelleratore verso una nuova conoscenza o una nuova relazione. Oppure indietreggiare, osservarmi da lontano, rallentare, aspettare che diventi di nuovo verde e prendersi del tempo per studiare le nuove mosse. Pazientare e magari ripartire per avvicinarsi oppure cambiare strada e allontanarsi. E poi il giallo è in mezzo, o l’arancione, come preferite. È tra il rosso e il verde. Io sono sempre stata in mezzo. Mi piace stare in mezzo. In mezzo a tante situazioni, con la mia spiccata curiosità, in mezzo a tanta gente per conoscere nuove idee, nuovi pensieri, nuovi modi di fare e anche per sentire il calore della gente. Adoro stare in mezzo da quando sono nata. In maniera educata e mai rumorosa o fastidiosa, ma comunque in mezzo. Ora sono in mezzo a più o meno duemila persone. Il semaforo è verde, la velocità è moderata, la guida rilassata, di quelle che puoi girarti un secondo a guardare la costa col finestrino abbassato. Buon viaggio a tutti!

La Storia siete voi

La Storia
è segni passati, tacche su
rivoltelle
è stupore per la nostra
ingenuità
è voler credere
che fossimo beati
che avessimo tutto
la Storia
sono libri impolverati
che nessuno ha voglia
di leggere
è una ricorrenza
a rammentarci il tempo
sprecato
la Storia
è una scusa
per i nostri sbagli futuri
una giustificazione
per quelli passati
la Storia
è un pasto cucinato da altri
che mangiavamo solo
perchè dovevamo
ma a qualcuno piaceva
la Storia
è la speranza ultima
del pavido
che qualcosa di tutto
questo
resterà

La Storia
è carri armati & affreschi,
lager & missili, progresso & torture
è tutto quello che uno
ci vuole vedere
la Storia
si scriveva sulle ossa dei morti
sui fallimenti degli oppressi
si scriveva usando nomi di
re, generali, imperatori
e tutti gli altri
erano cifre da ricordare
per l’interrogazione

La Storia siete voi
voi che ci volete
ancora convincere
che c’eravamo anche noi.


Siamo tutti moscerini
sul parabrezza della Storia


Marco Zangari © 2012



(Photo by Giancarlo Privitera)